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Pubblicato da Rossella Martina
Viareggio oggi è come una barca a cui una inattesa e immeritata cannonata ha sfondato la fiancata.
Tutti, dal capitano all’ultimo mozzo, sono accorsi sotto coperta per dare aiuto ai marinai colpiti: tantissimi i morti, tantissimi i feriti.
E poi per riparare alla meglio la falla perché bisogna continuare a navigare anche se molto lavoro resta da fare perché il bastimento torni a guardare l’orizzonte.
Servirà tempo, la ferita è vasta, forse, fatta eccezione per la guerra, la più grande della nostra piccola storia.
E’ una ferita che riguarda l’intera nave, l’intera città.
Sanguina. Strazia. Non rimarginabile.
Forse un giorno molto lontano smetteremo di soffrire.
Ma non sarà mai possibile dimenticare.
Non dimenticheremo ventidue morti, i nostri ventidue morti.
Che forse già oggi, o domani, saranno di più.
E non dimenticheremo coloro che in questo momento soffrono le atrocità peggiori, quelle delle ustioni, e che in molti casi soffriranno fino alla fine della loro vita.
Non dimenticheremo quei bambini, più innocenti degli altri innocenti che in questa tragedia hanno perso la vita.
Divorati dal fuoco nel luogo dove i piccoli abbandonano finalmente la paura: nel loro lettino, tra le braccia della mamma, in casa, in famiglia, alla fine del giorno, all’inizio del sonno.
Non dimenticheremo le coppie, i giovani, gli anziani, alcuni morti di spavento, altri carbonizzati, altri ancora come disintegrati dall’onda d’urto delle esplosioni.
Torce umane imploranti per strada o nel chiuso delle loro stanze, corpi sommersi e martoriati dalle macerie, il padre che dice addio alla figlia, l’uomo dalle vene scoppiate, il ragazzo che vorrebbe mettere in salvo la sorellina e non riuscirà a salvare né lei né se stesso.
E la madre che prova a scappare con i suoi bimbi e che la crudeltà del fato incenerisce in auto, vano strumento di fuga.
Non dimenticheremo l’uomo, la donna, che passavano su uno scooter, in quel luogo, a quell’ora solo perché avevano dimenticato un cellulare a casa di amici.
Né il fornaio che come ogni notte attraversava la passerella sulla ferrovia, scaraventato nel nulla da un liquido gas serpentesco, Idra di fuoco capace di infilare le sue letali teste in ogni pertugio aperto, finestre, serrande, porte socchiuse per far entrare il fresco della notte dopo la calda giornata di sole.
Non dimenticheremo chi ha trovato tra via Ponchielli e Via Porta Pietrasanta la sua Samarcanda, l’appuntamento con la morte: la coppia che aveva affittato la casa per solo due settimane; le sorelle che avevano pregato di poter rimanere in quell’appartamento ancora un po’ di tempo; il giovane uomo arrivato dal Marocco da poche ore, persuaso di andare incontro a una nuova vita.
Non dimenticheremo le famiglie sterminate dove da una parte un bambino, dall’altra una ragazza, sono stati salvati non si sa se da una sorte benigna o vieppiù malvagia.
Viareggio non dimenticherà nessuno. Viareggio non dimenticherà.
Ricorderemo al solo passare da quei luoghi: i pini bruciati li annunciano, le macerie, le saracinesche gonfie, vetri rotti, portoni bruciati, il cumulo grande di scheletri di auto sotto il cavalcavia, la motrice del convoglio maledetto che sembra un giocattolo gettato nel caminetto, quel silenzio inaudito, lo sguardo attonito di chi accorre per vedere, partecipare, prendersi la propria parte di disperazione.
Continueremo a vedere questa scena di guerra anche dopo che sarà stato spazzato via ogni residuo.
E nessuno si meravigli se da domani le strade della città saranno di nuovo piene di suoni e di musica, le spiagge allegre, i pub animati da giovani, i crocicchi chiassosi.
Nessuno si meravigli se l’estate, l’estate di Viareggio, riprenderà il suo corso. Così come riprenderà i suoi corsi il Carnevale tra qualche mese.
E la Passeggiata che, come scrive Tobino, “accoglie ogni gaiezza”, tutte le frivolezze e amori, feste, baldorie, veglioni. Non crediate che questo significhi indifferenza o l’aver dimenticato in fretta.
No, Viareggio come è sempre accaduto nasconderà il dolore con quell’arte della felicità a cui, da oltre un secolo, attingono ospiti di tutto il mondo.
Nasconderà il dolore dietro la gioia di vivere che non è falsa ma – ecco “l’oscuro suo segreto” - sempre composta da due volti, quello visibile che sorride e quello celato e intimo, segnato dalle lacrime, dalla malinconia, e dalla rabbia.
E saranno grandi, per quanto obliati, dolore, malinconia e rabbia per i giorni a venire.
Anche se noi viareggini continueremo a sorridere non smetteremo di pregare e neppure di chiedere giustizia.
Perché c’è un’altra cosa che non dimenticheremo: ai vivi si devono riguardi, ai morti si deve la verità.
Pubblicato da Rossella Martina
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